Torna a far discutere il caso di Sara Pedri, scomparsa il 4 marzo scorso. Nel corso di alcune conversazioni con la sorella e la madre aveva confessato gli abusi a cui era sottoposta.
Era solamente il terzo giorno di lavoro all’ospedale di Trento per Sara Pedri, ma la giovane ginecologa non aveva alcun dubbio: “Qui è un inferno”, scriveva alla madre e alla sorella. La dottoressa è scomparsa il 4 marzo scorso, e ora il suo caso torna a far discutere gettando una luce sugli abusi e umiliazioni che subiva durante i turni di lavoro in reparto o sala operatoria.
Una trasformazione da donna determinata e sicura di sé a un guscio vuoto, cupo e triste: così la mamma e la sorella descrivono il cammino discendete della dottoressa dopo l’aver cominciato a lavorare presso il reparto di Ginecologia dell’ospedale Santa Chiara di Trento. Qui infatti Sara sopportava le umiliazioni e le vessazioni continue dei suoi superiori: parole pesanti, che senza ombra di dubbio vanno a intaccare la salute mentale dei lavoratori. Anche le sue colleghe confermano quanto raccontato da Sara Pedri, raccontando che anche la vice del primario si rivolgeva loro dicendo “Siete delle cretine, non capite niente“.
L’accusa di Sara riguarda anche un episodio di violenza. Secondo il suo resoconto, infatti, la vice del primario aveva anche alzato le mani per schiaffeggiare la giovane ginecologa sulle mani. “Mi hanno picchiata sulle mani, come alle elementari” aveva confessato Sara alla famiglia.
Al momento, il primario del reparto di Ginecologia Tateo e la sua vice sono stati trasferiti, e la Commissione interna dell’ospedale avrebbe richiesto il licenziamento di Tateo. Il futuro del primario sarà deciso a fine ottobre da tre avvocati super partes di Trento.